Arquata era bella, unico comune d’Europa racchiuso all’interno di due aree naturali protette: il Parco nazionale dei Monti Sibillini e il Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Sorgeva sulla rupe e con la sua rocca di lassù sorvegliava la Salaria. Per chi va in bici, la vista della torre merlata era la porta dei Sibillini e l’inizio della salita. Quando Michele guarda verso la montagna, spesso si commuove. Non è per caso che nei suoi profili social posti spesso le foto del mote Vettore e della natura intorno, perché malgrado quello che è successo, chiunque sia nato quassù non ce la fa non volerle bene.
Arquata è venuta giù completamente il 30 ottobre del 2016, dopo che la scossa del 24 agosto oltre alle prime case si era portata via anche le persone.
E Michele Franchi, che già allora era vicesindaco, questa storia se l’è vissuta tutta sulla sua pelle. Con la fortuna che casa sua, dall’altra parte della valle, per neppure troppo complesse ragioni geologiche, è rimasta ben salda al suo posto.
«Per fare una fotografia attuale di Arquata – dice – si dovrebbe parlare di una lentissima evoluzione. Ma c’è gente che ha avuto e ha ancora gli attributi per restare. Soprattutto per loro serve un’accelerazione su tutto, per la ricostruzione e per fare squadra, in modo da garantire la tenuta sociale».
La gente vive nella casette. Ci sono 54 famiglie dove prima c’era il campo da calcio (con #NoiConVoi2017 contribuimmo alla sistemazione di quello di Grisciano, perché le squadre locali potessero ricominciare a giocare, ricordate?). E ci sono famiglie sparse per la montagna, in villaggi Sae che spuntano dietro ogni curva.
«Quello che ci serve ora – continua Michele – è che venga ripristinata la viabilità per com’era. Quello che ci serve ora più dei soldi è la gente, per questo eventi come #NoiConVoi sono importanti. La gente passa, vede, compra. Ci sarà la Sagra del Marrone. Le aziende trovano un motivo per ripartire. Quello che ci serve è anche poter ricostruire delle strutture ricettive, lo stesso problema di Amatrice e Norcia. Il turismo c’è, ma la sera vanno via. La ricostruzione ordinaria è partita. A Trisungo sono ripartite due case. Arquata ci sarà ancora. Ci vorranno vent’anni e forse sarà leggermente diversa, ma Arquata sarà nuovamente sulla sua rupe».
Lo dice con amore, nel suo ufficio prefabbricato ai piedi del Vettore. Ci stringiamo la mano, appuntamento al 20 ottobre. Lo salutiamo con l’amaro per le sue ultime parole. Dopo tre anni, sembra che non sia cambiato nulla. Strade ancora chiuse e lavori fermi. Abbiamo tanto, davvero tanto da fare…